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25 marzo 2021
In occasione dei 700 anni dalla morte del Sommo Poeta, oggi vi raccontiamo una storia che lega Dante alla città di Oristano, in attesa di una lectura Dantis che la Fondazione Oristano e l'Antiquarium Arborense- in collaborazione con il gruppo FAI di Oristano- organizzeranno per la prossima estate proprio nel giardino del museo.
Vɪ ᴇ̀ ᴜɴ ᴘᴇʀsᴏɴᴀɢɢɪᴏ ᴅᴇʟ Pᴜʀɢᴀᴛᴏʀɪᴏ (VI, 18), ʟᴏ ʙᴜᴏɴ Mᴀʀᴢᴜᴄᴄᴏ ғᴏʀᴛᴇ, ᴄʜᴇ, ᴘᴇʀ ᴜɴ ᴛᴇᴍᴘᴏ ᴠɪssᴇ ᴀ ᴄᴏʀᴛᴇ ɴᴇʟʟᴀ ᴄᴀᴘɪᴛᴀʟᴇ ᴅᴇʟ Gɪᴜᴅɪᴄᴀᴛᴏ ᴅ’Aʀʙᴏʀᴇᴀ, Aʀᴇsᴛᴀɴᴏ, ᴄᴏᴍᴇ ᴄᴏɴsɪɢʟɪᴇʀᴇ ᴅᴇʟ ɢɪᴜᴅɪᴄᴇ ᴅ’Aʀʙᴏʀᴇᴀ Mᴀʀɪᴀɴᴏ II.
Dante lo ricorda nel secondo balzo dell’Antipurgatorio, dove le anime di chi morì di morte violenta s’accalcano attorno a Dante, come fa tutta la gente con il vincitore nel gioco de la zara (gioco medievale a due o tre dadi), affinché il poeta, di ritorno nel mondo dei vivi, potesse chiedere, ai parenti degli spiriti spenti di mala morte, preci affinché ad essi sia affrettato l’accesso alle pene del purgatorio e possano, scontata la penitenza, raggiungere la visione beatifica di Dio.
Quiv’era l’Aretin che da le braccia
fiere di Ghin di Tacco ebbe la morte,
e l’altro ch’annegò correndo in caccia. 15
Quivi pregava con le mani sporte
Federigo Novello, e quel da Pisa
che fé parer lo buon Marzucco forte. 18
Soffermandoci sulle ultime due terzine, osserviamo che a Dante appaiono il giureconsulto d’Arezzo Benincasa da Laterina («l’Aretin che da le braccia / fiere di Ghin di Tacco ebbe la morte», che in Siena, nel 1285, comminò la pena capitale ad uno o due masnadieri di strada, fratello o zio di Ghino di Tacco, che se ne vendicò mozzandogli la testa nel tribunale di Roma, dove Benincasa si era trasferito per il suo ufficio) e Guccio Tarlati («l’altro (aretino) ch’annegò correndo in caccia», morto annegato in Arno combattendo la famiglia rivale Bostoli d’Arezzo).
Nello stesso secondo balzo erano il ghibellino Federigo Novello (che «pregava con le mani sporte», figlio del conte Guido Novello di Bagno, ucciso da uno degli esponenti della famiglia guelfa dei Bostoli d’Arezzo in uno scontro con i Tarlati di Pietramala, nel 1289 o 1291) e «quel da Pisa / che fé parer lo buon Marzucco forte».
L’analisi nel 1907 del dantista Francesco Paolo Luiso dei commentarii a Dante sull’anonimo personaggio pisano che fé parer lo buon Marzucco forte ha condotto alla sua identificazione con Giano (o Gano) Scornigiani (e non Vanni detto Farinata), superando le incertezze della tradizione dei commentatori medievali e moderni.
Il Luiso si è basato principalmente sul commento delle Expositiones et glose super Comediam Dantis di Guido da Pisa al v. 1 di If XXXIII, nel quale Guido dichiara esplicitamente, nella descrizione della vita di Ugolino, Comes de Domnoratico, l’identità di quel da Pisa in Pg. VI, 16 in Ganus de Scornigianis: Dunque il conte Ugolino della Gherardesca ordinò che Gano (o Giano) Scornigiani venisse ucciso con la spada nel 1288, forse per mano di Nino detto il Brigata, nipote del Conte Ugolino. L’assassinio di Gano rese forte il padre, lo buon Marzucco, poiché dimostrò la sua fortezza (ossia forza d’animo), non nel vendicare l’uccisione del figlio o nella sua partecipazione al funerale di Gano senza versare lacrime, ma nel perdono offerto al mandante dell’assassino, il Conte Ugolino.
Quindi non mancate all'appuntamento di Luglio nel quale proporremo la storia dello buon Marzucco, che fu anche in Arestano, dove, secondo l’intuizione di Dionigi Scano, ebbe una curia confinante con la curia vetus dei giudici d’Arborea, dove risiedeva il giudice Mariano II e i suoi successori Giovanni (Chiano), Mariano III, Andreotto, Ugone II (figlio naturale di Mariano II), fino alla edificazione del nuovo palazzo giudicale, terminato dopo la morte di Ugone II nel 1335.
Marzucco Scornigiani insieme al giudice di Gallura Nino Visconti furono i due migliori informatori di Dante delle cose di Sardegna. Non è un caso che Nino Visconti nel suo testamento rogato nel proprio palazzo di Galtellì in Gallura nominasse tra i propri esecutori testamentari proprio Marzucco Scornigiani che era entrato nel Convento dei frati minori di Santa Croce in Firenze.
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