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2 maggio 2020
Siamo arrivati ad un altro appuntamento con il reperto della settimana!
Con il termine “faretrine”, vengono indicati dei pendenti a piastra triangolare dotata di due occhielli, riproducenti in forme miniaturistiche un fodero di pugnale in cuoio, recante su di un lato degli spilloni/ stiletti in numero da uno a quattro e sull’altro lato due tipi di pugnale tipici dell’armamento nuragico: uno a elsa semplice, l’altro ad “elsa gammata”, quest’ultimo realizzato anche in forma miniaturistica e ricorrente nella bronzistica figurata nuragica come insegna di rango.
La distribuzione dei rinvenimenti di «faretrine» in Sardegna evidenzia l’amplissima concentrazione nell’area centroccidentale dell’isola, con una netta prevalenza dell’area tharrense e più genericamente del Sinis e dell’Oristanese. In ambito Sardo sono stati trovati più di trenta artefatti, nella penisola italiana sono noti tredici esemplari di cui due irreperibili, ma tutti i ritrovamenti riguardano il territorio etrusco, testimoniando il legame tra l’isola e l’Etruria, illustrato magistralmente da vari autori.
Il confronto tecnico stilistico tra le faretrine peninsulari e i modelli originali nuragici, di gran lunga più raffinati, potrebbe far pensare non ad una importazione diretta ma ad una rielaborazione locale, ipotesi che potrà essere confermata solo dalle analisi metallurgiche.
La straordinaria rarità dei contesti chiusi datati in rapporto alle «faretrine» propone una oggettiva difficoltà all’inquadramento cronologico di questa classe di bronzi nuragici, ma per i contesti etrusco-villanoviani si propende alla loro datazione tra fine IX e l’VIII sec. a.C.
La faretrina con tre stiletti e il pugnaletto ad elsa gammata, che vi mostriamo oggi, apparteneva al Generale Felice d’Arcais che ebbe nella sua collezione archeologica molteplici testimonianze tharrensi.
La faretrina Arcais dovrebbe provenire dalla necropoli meridionale di Tharros.
Descrizione:
Piastra bronzea triangolare dotata in origine di due grossi occhielli sporgenti su margine laterale e di cui sono evidenti le aree dei frattura; (già in antico?) dotata di quattro fori sul margine destro e due su quello superiore, utilizzati per l’inserimento di un anello di sospensione in sottile filo di bronzo. In un lato appaiono tre stiletti con capocchia verisimilmente biconcava “a clessidra” e priva di noduli distinti; lame a sezione circolare che vanno affinandosi verso l’estremità inferiore; specchio figurato racchiuso entro una cornice a rilievo nella cui parte superiore destra appare un leggero decoro a cordoncino. L’altro lato presenta un pugnaletto a elsa gammata: lama a verga sottile e piatta che va affinandosi verso l’estremità; elsa gammata terminante superiormente in una sbarretta orizzontale. Rispetto al rilievo dell’altro lato, questo appare più consunto e dai bordi meno distinti tanto che la stessa lama potrebbe essere inserita entro una guaina.
A cura di Anna Paola Delogu
Per un approfondimento sul tema, studiato da Lucio Deriu, Le "faretrine nuragiche". Contributo allo studio delle rotte fra Sardegna e Etruria, in A. MASTINO, P. G. SPANU, R. ZUCCA (a cura di), Tharros Felix-3. Naves plenis velis euntes, Roma 2009, pp. 136-177.
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