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15 febbraio 2022
Gli oggetti nei musei raccontano delle storie, spesso per far parlare mondi lontani...
Questo reperto racconta la storia di un amore che dura da secoli.
Si tratta di un askòs (datato alla fine del IV- principio del III secolo a. C.) utilizzato per versare piccole quantità di sostanze resinose. Proviene dagli scavi di una tomba punica di Tharros, e apparteneva alla collezione Pischedda sin dal 1916.
Il manufatto è funzionalmente un askòs plastico, configurata a coppia maschile/femminile adagiata su una sontuosa kline (letto per i banchetti o simposi).
Sul materasso si adagiano un uomo e una donna con il busto rialzato, di prospetto, mentre il bacino e le gambe dei personaggi si intuiscono distesi e avvolti da un telo, le cui pieghe si leggono a sinistra della donna.
L’uomo vestito da un chitone presenta il braccio sinistro piegato al gomito a portare la mano sul cuscino, mentre il braccio destro (visibile nella parte posteriore dell’askòs) abbraccia le spalle del personaggio femminile. La donna, con la chioma caratterizzata dall’acconciatura a melone, veste un peplo, con il braccio destro che porta la mano all’altezza del seno a tenere una coppa, aiutandosi con l’altra mano.
L’ambito greco di riferimento fa pensare ad una coppia di amanti, un giovane e la sua etera e non al letto triclinare che ospiti marito e moglie secondo il gusto isolato di ambito etrusco.
L’askòs plastico dell’Antiquarium Arborense appartiene alla categoria della “Magenta Ware”, individuata dall’insigne studioso di ceramica greca Sir John Davidson Beazley, e riferita a vasi plastici di botteghe siceliote di età ellenistica.
A cura di Anna Paola Delogu