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Archeoquiz del 30 aprile: cornici di specchietto in piombo

3 maggio 2021

Eccovi la soluzione dell'Archeoquiz che vi abbiamo proposto nella pagina Facebook dell'Antiquarium Arborense!

Vi abbiamo chiesto a cosa servissero i piccoli oggetti nella foto: se fossero A) la guarnizione delle briglie di un cavallo; B) le cornici di uno specchietto; C) una fibula militare ad anello; D) le ruote di un carrello votivo.


La risposta esatta è la B.
Nell’Antiquarium Arborense sono custodite due piccole cornici (circolare ed ellittica) in piombo, oltre al frammento di una terza, appartenenti alla collezione Pischedda, finora inedite, relative a specchietti di cui si è persa la superficie riflettente in vetro.

Venivano realizzati tramite fusione mediante uno stampo.

Si tratta di una classe di materiali diffusi in Italia e in varie province dell’Impero romano, tuttavia sono artefatti poco studiati e alcune volte male interpretati.

Le nostre cornici provengono dalla necropoli di Tharros, da scavi della seconda meta del XIX secolo, pervenuti all’avvocato Pischedda.

L’uniformità di stile ed anche di dimensioni degli specchietti rinvenuti in Sardegna, induce a ritenere che possa trattarsi in tutti i casi di una produzione locale, un dato che potrebbe essere confermato solo da un’analisi del metallo o dall’individuazione dei luoghi di produzione.

L’inquadramento cronologico per questa classe di materiali può essere fatto sulla base dei confronti negli altri siti di rinvenimento: San Gavino Monreale, Barumini, Quartucciu (necropoli di Pill’ ’e Matta) e Cuccureddus di Villasimius da cui provengono ben 22 esemplari, tra i quali uno reca la firma di un Felicissimus.

A Cuccureddus, è attestato un tempio dedicato ad Hera-Giunone che presenta fasi di utilizzo sino al IV secolo d.C., edificato su in precedente tempio fenicio dedicato ad Ashtart. Quest’ultimo dato risulta di particolare interesse, infatti altri specchietti rinvenuti in diverse aree dell’Impero, recano dei testi inscritti in greco che recano la dedica ad una divinità “bella” e “signora”, probabilmente Artemide, assimilata anche a Selene ed Afrodite.

Altri specchietti provengono da un santuario dedicato a Venere, un dato ancora più interessante che ben si concilia con alcune fonti letterarie. Apuleio nelle sue Metamorfosi descrive l’uso di specchi in occasione di processioni in onore di Venere e Iside, così come Seneca nelle sue epistulae ad Lucilium associa l’uso di specchi al culto di Giunone.


Alla luce di tali considerazioni e viste le dimensioni degli esemplari rinvenuti anche in Sardegna, più che ad una superficie atta a riflettere il volto di una donna intenta a specchiarsi, potremmo pensare ad oggetti fonte di luce da mettere in relazione a particolari riti religiosi.

Così come il rinvenimento di questi specchietti in ambito funerario testimonierebbe anche la natura del culto di Venere o Giunone rapportato alle morti femminili e degli infanti.



A cura di Anna Paola Delogu 

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