Antiquarium Arborense - Museo archeologico Giuseppe Pau OristanoAntiquarium Arborense - Museo archeologico Giuseppe Pau Oristano

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Antiquarium Arborense
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Carte Vivanet

Lettera di Efisio Pischedda a Filippo Vivanet, Commissario ai Musei e Scavi della Sardegna
24 novembre 1891

«Ill.mo Signore (Filippo Vivanet)
Appena ottenuta la concessione governativa di poter praticare degli scavi nel sito dove esisteva l'antica Tharros, mi informai di tutti i particolari riguardanti il ritrovamento delle due iscrizioni mortuarie dedicate una a Valerio e l'altra a Aristilla od Aristina [ leggi Aristia] e dallo stesso Manca che aveale ritrovate mi feci indicare il preciso sito del ritrovamento nel luogo detto Su Murru Mannu e lo indussi a prestare l'opera sua quale scavatore onde potesse ad ogni occorrenza fornirmi gli opportuni schiarimenti. Recatomi sul posto col Manca e cogli altri braccianti appresi come il sito Su Murru Mannu non solo non è lontano dalle rovine di Tharros, ma probabilmente la città stessa si estendeva fin là. Il primo punto detto Su Murru Mannu trovasi a ponente del promontorio dove è posta la gran torre di S. Giovanni e quasi sul lido del mare libero o mare sardoum talché quando il mare è molto agitato le onde vanno a battere vicinissimo al posto ove furono ritrovate le iscrizioni. Qualche tomba doveva essere più vicina al mare, poiché, ciò che diede principio a tali ricerche si fu precisamente il fatto d'avere un cabrarese nel febbraio di quest'anno, e dopo una fiera burrasca, trovato allo scoperto una tomba formata da una pila d'arenaria dentro la quale ritrovò un'urna cineraria di vetro con un grandissimo piatto pure di vetro e una moneta di Domiziano. Appena indicatomi il preciso posto dove furono ritrovate le iscrizioni mi feci quello dove fu trovata la statua acefala, pure acquistata dallAa S.V. per il R° Museo. La distanza fra un punto e l'altro non è che di 57 metri per cui non è inverosimile che detta statua facesse parte della tomba di Valerio e forse raffigurasse lui medesimo. La distanza di 57 metri diventa anche meno rilevante se si consideri che il terreno della collina deve aver precipitato a valle o per un fenomeno tellurico, o, ciò che è più probabile, perché il posto dove erano poste le tombe (che è ora un piano inclinato) era forse livellato con terreno importato, era riparato dal mare e tenuto saldo da un muraglione dello spessore di un metro e mezzo del quale si osservano gli avanzi in qualche posto, mezzo seppelliti dalla sabbia e lontani cinque o sei metri dalle fondamenta. Il franamento del terreno è reso anche più evidente dal fatto d'aver trovato delle tombe spezzate e le diverse parti alla distanza di due o tre metri l'una dall'altra; né ciò può essere avvenuto per essere violate da tempo antico o per precedenti scavi, perché le pile spezzate come quella in cui fu trovata l'iscrizione di Valerio contenevano ancora le ossa, alcune stoviglie e la moneta. Altre pile si trovarono dai primi scavatori capovolte e le ossa e gli oggetti sparsi nel terreno, talora tali oggetti anche intatti. Non è attribuibile il fatto a scossa di terremoto, sia perché la storia non ne serba memoria, sia perché se ciò fosse avvenuto non si sarebbero trovati intatti gli oggetti di vetro nelle tombe della necropoli cartaginese che dista circa un chilometro. A mio parere può solo restare il dubbio se le dette mura crollassero per vetustà o per opera di barbari invasori, ma non si può dubitare che l'av(v)allamento sia avvenuto per essere mancato tale appoggio. Dicevo dunque che la distanza di 57 metri è irrilevante, poiché la statua può aver rotolato per il terreno pzer l'avvenuta scossa e la pila che costituiva la tomba può essere stata lanciata anche in diversa direzione, ed inoltre il fatto di non aver potuto rinvenire la testa di quella statua dinota che questa non fu collocata nel posto in cui fu ritrovata. Cominciai dunque gli scavi nel punto stesso dove s'erano trovate le accennate iscrizioni corrispondente al punto segnato colla lettera A nella fotografia distinta col N.1 che le spedisco unita alla presente relazione. I ritrovatori delle iscrizioni avevano abbandonato lo scavo per la difficoltà che presentava la natura del terreno, poiché le tombe si trovano alla profondità di circa tre metri coperte da uno stratto [sic] di terreno vegetale dell'altezza di circa un metro e superiormente a questo uno stratto di sabbia dell'altezza non inferiore a due metri. Avendo ciò rilevato feci sgombrare da una superficie di circa trenta metri quadrati la sabbia che ricopriva il terreno, indi procedendo a regolare scavo mediante l'apertura d'una trincea in quel terreno si scoperse parte d'una pila in arenaria; e allargato lo scavo da quel lato se ne scoperse una seconda di fianco alla prima, entrambe disposte in pendio come se precipitassero assieme al terreno franato, e le lastre pur d'arenaria che un tempo le ricoprivano si trovarono presso alle stesse tombe e nella parte inferiore di esse. Levai con tutte le precauzioni possibili la terra che trovavasi entro esse tombe e nella prima di esse altro non trovai che le ossa pur esse quasi ammucchiate nella parte inferiore della tomba e fra esse un cerchietto spezzato di legno nero come l'ebano, rassomigliante a quei cerchietto d'osso che soglionsi appendere al collo dei bimbi durante la dentizione, un vasetto poco elegante di terracotta della forma che le segno a margine ed una moneta di Domiziano.Nella seconda tomba le ossa erano disposte in modo da potersi rilevare la posizione dei due cadaveri che vi erano stati seppelliti, cioè quello [di] una donna ed alla destra di lei, un bambino. Anche gli oggetti erano naturalmente disposti, forse perché in quella tomba sarà penetrata la terra prima che il terreno avvallasse. Trovai in detta tomba attorno alle vertebre del collo i globi di una collana, dei quali due erano di corallo rosso ottimamente conservato ed altri in forma svariate erano di vetro. Conteneva pure detta tomba un braccialetto di bronzo di forma molto comune ed una tazza di vetro che non poté estrarsi neppure in pezzi, perché la sua estrema sottigliezza, per l'umidità e pressione della terra era ridotta quasi in piccole squame; trovai pure una moneta che credo sia di Agrippina. A fianco di questa tomba trovai aderente un pezzo di piombo del peso di quasi un chilogrammo; e poiché questo evidentemente era stato adoperato per saldare alla pila qualche iscrizione mi diedi con tutta cura a frugare il terrreno in vicinanze a dette tombe e sotto di esse, ma non trovai che otto frammenti d'iscrizione in marmo bianco quale con due, quale con quattro [o] cinque lettere benissimo formate. Detti frammenti dovevano appartenere a diverse iscrizioni per la diversità dei caratteri, né fu possibile combinarne neppure due pezzi assieme. Continuai gli scavi in tutti i sensi; trovai altre sepolture anche sotto a quelle pile, ma senza nessun oggetto, solo in una trovai una specie di medaglione di terracotta del quale le mando un grossolano disegno. Pare che rappresenti un' acquila [sic] con un serpente in bocca e forse veniva adoperato come sigillo per improntarlo sul gesso, poiché di questo teneva dei pezzetti ancora aderenti. Esaurito lo spazio che aveva ripulito dalla sabbia mi fu impossibile continuare gli scavi verso il promontorio perché la sabbia in quel punto è altissima ed a tutti i momenti franando ricopriva lo scavo fatto. Diressi allora gli scavi nel preciso punto ove erasi rinvenuta la statua acefala ed alla profondità di circa 70 centimetri trovai una sepoltura scavata nel terreno e fiancheggiata da lastre di arenaria; in tale tomba vi erano diversi vasi di vetro, ma tutti ridotti in pezzi, quali raccolsi e spedisco alla S.V. in una scatola distinta col N° 1; raccolsi pure dei frammenti di stoviglia che mando in altra scatola distinta col N° 2; nella stessa sepoltura e dentro un rozzo recipiente di terra si trovò un oggetto di bronzo che io ritengo uno stilo per scrivere sulle tavole cerate. Credo importante l'impronta figulina della tazza di terra cotta frammentata trovata nella detta tomba che pur le spedisco, poiché non trovai mai l'uguale fra le stoviglie di Tharros, tranne che in un'altra tazza più piccola che stava dentro a questa e che io conservo. Quivi gli avanzi del muraglione sopra indicato sono caduti sulle tombe e forse perciò gli oggetti di vetro sono tutti frantumati. Non avendo in pronto del legname per fare degli sbadacchi [sic] per la sabbia ed inoltre trovandosi solo tombe povere e cogli oggetti spezzati ho dovuto abbandonare gli scavi in quel punto.
Dimenticavo di accennare che nel preciso sito ove fu trovata la statua acefala ed in vicinanza al vaso di vetro frammentato fu ritrovata una chiave di bronzo della precisa grandezza e forma segnata a margine e parte di una serratura pure di bronzo, della quale do un grossolano disegno sopra alla chiave. In mezzo alla terra e in prossimità ai detti oggetti fu ritrovato uno strigile; esso è però alquanto corroso e guasto.(V.Disegno a margine). Il versante di detto promontorio nel sito appellato Su Murru Mannu alla distanza di circa 200 metri dal lido è cespugliato ed il terreno non è più coperto di sabbia. Ciò mi fece ritenere che l'av(v)allamento non si fosse esteso fino a quell'altezza, e che quindi se la necropoli non era molto ristretta, là si dovevano trovare delle tombe intatte; praticai quindi alcuni assaggi fra i cespugli aprendo delle piccole trincee, ma non trovai che delle sepolture fatte nel nudo terreno che non contenevano che delle ossa e pezzi di rozze stoviglie e qualche moneta tanto ossidata da non potersi decifrare. Tentai altri scavi più su in un piccolo tratto piano, ma non tardai a persuadermi, che quivi le tombe erano state violate già da molto, anzi lo stesso Manca più sopra indicato mi riferì che in quel sito si erano trovate delle tombe contenenti urne cinerarie di vetro e di terra cotta, e ciò da circa quarant'anni or sono. A poca distanza da queste tombe si osservano gli avanzi di un piccolo edifizio che probabilmente sarà stato un ustrino. Da questo punto dirigendosi verso la detta torre di S. Giovanni si osserva altro rudere e tutt'intorno molti pezzi di lastre di marmo; praticai uno scavo anche in quel punto ed a poca profondità trovai senza segno alcuno di tomba delle ossa umane, chiodi di bronzo, pezzi di piombo ed un pezzo di spillo crinale d'osso. Non mi fu possibile rintracciare da dove provenissero i pezzi di marmo. Tentai un altro scavo nel punto detto sa Cordiola, cioé in quel tratto dell'istmo che divide il promontorio dove era la città, dall'altro dove era la ricchissima necropoli. Questo è il punto più stretto e più depresso dell'istmo, tanto che il terreno in certi siti di poco si eleva sul livello del mare(V. Topografia N° 1,lettera C). Certo Domenico Spanu di Cabras mi aveva assicurato che in questo punto esistevano delle tombe, ma che lui non avea potuto estrarre altro che alcune statue e vasi in terracotta, perché essendovi penetrata l'acqua del mare era impossibile ricercare i minuti oggetti senza estrarne prima l'acqua. Dietro le indicazioni ricevute dallo stesso Spanu ricercai le tombe da lui scoperte, ed alla profondità di metri 3,85 trovai l'ingresso d'una di esse tombe, ma gli scavatori dopo aver estratto una quantità di fango dichiararono che l'acqua impediva loro di continuare il lavoro. Sospettai che ciò fosse fatto allo scopo di fare delle ricerche per loro conto quando io me ne fossi andato, perciò li congedai, dopo aver loro fatto conoscere che se osassero di praticare degli scavi o di frugare

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